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Estratto da FARSI ELEGGERE / Edizioni Il Sole – 24 ore – 1994

Introduzione di Ernesto Bettinelli

PARTE QUARTA

 

      

       Essere candidati nei collegi uninominali.

La necessità per i candidati nei collegi uninominali di essere presentati dai rappresentanti dei partiti, gruppi, supergruppi, il cui contrassegno contraddistingue i candidati stessi, li solleva non poco dall'angoscia di trovarsi in solitudine di fronte agli inevitabili fastidiosi adempimenti burocratici. L'organizzazione collettiva è, come si è già osservato, non solo complementare, ma determinante ai fini del deposito delle candidature negli Uffici centrali circoscrizionali. Si tratta ora di considerare quali sono i presupposti e le condizioni che rendono valida la candidatura e gli oneri che ne conseguono ai fini della partecipazione alla gara elettorale.

Tutte le candidature devono, innanzitutto, essere sostenute da un numero minimo di elettori iscritti nelle liste elettorali dei comuni ricompresi nel collegio. Per i collegi uninominali relativi alla Camera tale numero non deve essere inferiore a 500 e non superiore a 1000. Per quelli afferenti al Senato la sottoscrizione è prescritta soltanto per le candidature individuali (le firme raccolte devono essere almeno 1000 e non più di 1500), giacché gli altri candidati in cordata beneficiano -come si vedrà- della sottoscrizione di gruppo.

Ciascun candidato deve inoltre produrre dichiarazione di accettazione della candidatura; e, se si presenta in un collegio uninominale per la Camera, tale dichiarazione deve anche contenere l'indicazione di collegamento (anche ai fini dell'eventuale rimborso delle spese elettorali) con la lista o le liste che concorrono nella circoscrizione, avendo naturalmente i rappresentanti delle stesse liste accettato il collegamento. L'indicazione di collegamento può essere anche implicita: quando la si può desumere dalla coincidenza dei contrassegni depositati.

I collegamenti devono essere i medesimi in tutti i collegi uninominali della circoscrizione. Cosicché si può comprendere come una tale scelta non dipenda nella sostanza dalla volontà di ciascun candidato, anche se indipendente o esterno; è in realtà il frutto di più generali e indisponibili accordi tra partiti o gruppi politici (alleati) in sede nazionale.

Tra le condizioni previste per la partecipazione alla competizione vi è il divieto di cumulo di candidature. Chi si presenta alla Camera non può nel contempo concorrere per il Senato. Se aspira a un seggio in questa assemblea può candidarsi in un solo collegio uninominale; non può cioè, gareggiare in altri collegi anche se appartenenti a regioni diverse.

L'impossibilità di essere candidati in più di un collegio uninominale vale anche per la Camera, ma per questa la disciplina è meno severa, in quanto il limite di una sola candidatura nei collegi uninominali non impedisce di essere inclusi in non più di tre liste rigide contraddistinte dallo stesso contrassegno, in circoscrizioni diverse. Come dire che per la Camera ogni candidato potrebbe in astratto disporre di quattro possibilità. Nella pratica, però, questa opportunità di presenza plurima è riservata soprattutto ai leaders delle forze politiche o ai cosiddetti candidati militanti.

Se per gli aspetti organizzativi appena riferiti i candidati si trovano sostanzialmente al traino delle formazioni che li presentano, nondimeno essi devono assumersi precise responsabilità in proprio nel periodo di campagna elettorale.

La legge che la disciplina, allo scopo di garantire la lealtà della competizione e di creare le condizioni perché tutti i cittadini possano esprimere un voto libero e consapevole, contempla una specie di status del candidato. Al quale vengono dunque riconosciuti puntuali diritti e nel contempo imposti precisi oneri, affinché possa svolgere la sua attività di propaganda in una situazione di effettiva parità con gli altri concorrenti e di effettiva trasparenza in favore degli elettori.

La "moralizzazione" della politica inizia inevitabilmente dalle campagne elettorali. Le regole fondamentali della recente legge si possono riassumere in pochi e quasi ovvi principi:

I) Nella campagna elettorale, come nella caccia, non è ammesso sparare senza esclusioni di colpi.

II) Tutti i competitori devono fruire di eguali opportunità, soprattutto per quanto riguarda l'accesso ai mezzi di informazione anche se di proprietà di privati.

III) Non sono ammesse forme di propaganda volte a suggestionare o manipolare la capacità e volontà di scelta degli elettori.

IV) Le spese elettorali non possono essere illimitate; devono pertanto avere un tetto prestabilito e, conseguentemente, di esse si deve rendere conto, pena -al di là delle sanzioni pecuniarie- l'invalidità dell'eventuale elezione.

Proprio per rendere i candidati direttamente e personalmente responsabili (anche quando in realtà si muovono come pedine di partito) è prevista la figura del mandatario elettorale: una sorta di gestore di fiducia del candidato designato dal medesimo. Ogni candidato può avvalersi di un solo mandatario.

[…]

 

       Gli attori collettivi della competizione: i partiti o gruppi politici.

 

Il ruolo egemone mantenuto dalle forze collettive anche nei nuovi sistemi elettorali, che pur si affidano ai collegi uninominali per la formazione di tre quarti della rappresentanza parlamentare, è già emerso quando si è parlato delle forme della presentazione dei candidati nei collegi e delle opzioni tattiche e strategiche a cui le singole formazioni sono in qualche misura costrette. L'indubbio processo di personalizzazione della politica e della gara elettorale comporta probabilmente una trasformazione e una notevole apertura dei partiti che stanno perdendo la tradizionale fisionomia di legioni inquadrate a ranghi più o meno serrati. L'immagine collettiva ora si costruisce anche sull'immagine degli attori individuali. Questi sono tuttavia sempre espressione di una selezione che avviene ad opera esclusiva di partiti, gruppi, supergruppi, anche se, con il mutare delle regole del gioco, essi non possono essere indifferenti alle buone scelte. Rispetto al precedente sistema proporzionale a scrutinio di lista, che permetteva di mettere sul mercato elettorale senza troppe preoccupazioni "prodotti" di vario genere e qualità approfittando della capienza dei luoghi di vendita, adesso le vetrine sono meno numerose e affollate e gli acquirenti hanno più possibilità di valutare l'offerta.

Quel che rimane è, pur corretta, la logica del marchio (non più esclusivo).

Le joint ventures che facilmente si costituiscono nei collegi uninominali per l'elezione della Camera si dissociano nelle circoscrizioni, dove complessivamente è in palio l'aggiudicazione dei 155 seggi da ripartire in ragione proporzionale. A questo fine gli elettori, come si è visto, hanno a disposizione un secondo voto da spendere con una seconda scheda. Sono del tutto liberi di comportarsi anche con fantasiosa incoerenza politica ri­spetto al primo voto.

Ma che cosa viene offerto nel mercato circoscrizionale? Qui normalmente si incontrano i partiti con i loro contrassegni tipici e con loro liste corte (come si è già segnalato, esse non possono contenere più di quattro candidati, nelle circoscrizioni di maggiori dimensioni, ma ve ne sono alcune dove ciascuna lista deve avere un solo candidato; infatti il numero massimo di candidati consentito è in relazione ai seggi assegnati alle singole circoscrizioni, sulla base della loro consistenza demografica, come si riferirà in seguito).

 

 Le liste sono anche rigide: i candidati sono cioè disposti secondo un ordine, per così dire, gerarchico di cui l'elettore deve prendere atto, senza alcuna possibilità di modificarlo, non disponendo più del voto di preferenza, come in passato. Questa graduatoria interna a ciascuna lista significa che i partiti indicano preventivamente che, se riusciranno a conseguire uno o più seggi nella circoscrizione, essi saranno assegnati seguendo appunto l'ordine di lista. E' pertanto evidente che i candidati collocati all'ultimo posto avranno minori probabilità di essere eletti.

I partiti non sono comunque tenuti a riempire tutti i posti della lista. Ci potrà essere in proposito una differenziazione di strategia a seconda dell'aspettativa di voto e dell'immagine complessiva che ciascuna formazione vuole dare di sé agli elettori. I partiti che confidano in un buon risultato nella gara proporzionale tendenzialmente depositeranno liste complete, tanto più se in esse includeranno candidati che potrebbero riuscire anche nel collegio uninominale dove sono in lizza. Il rischio, in effetti, sarebbe quello di conquistare seggi che non è possibile coprire per carenza di candidati, con la conseguenza poco gradita di regalare seggi ad altre liste concorrenti. Viceversa è possibile (ma poco probabile) che altri partiti (che prevedono di ottenere un risultato medio) decidano di presentare liste incomplete e magari formate da un solo autorevole candidato che in tal modo garantisca l'univocità dell'immagine del partito. Sarebbe questo un espediente per forzare in senso uninominale la stessa competizione circoscrizionale e, magari, ovviare alla scarsa simpatia che gli elettori potrebbero manifestare nei confronti delle gerarchie nelle liste.

E' comunque sicuro che i posti nelle medesime siano destinati soprattutto ai leaders di partito, non solo per ragioni di prestigio, ma anche per assicurare lo loro elezione senza troppi rischi. Come si è già segnalato, per la Camera è infatti ammessa la candidatura della stessa persona in un collegio uninominale e in tre circoscrizioni diverse, purché sia contraddistinta dallo stesso simbolo.

La proporzionale favorisce indubbiamente una più larga e diffusa partecipazione delle forze politiche in sede circoscrizionale, potendo competere in tale ambito anche le formazioni il cui contrassegno non appare nei collegi uninominali. Infatti, se per i candidati che qui concorrono, il collegamento con (almeno) una lista presente nella circoscrizione che ricomprende il loro collegio è obbligatorio, la stessa condizione non è invece imposta alle liste. Vi possono pertanto essere partiti che decidono di puntare tutte le loro chances solo nella gara proporzionale e "cacciare" solo i consensi espressi con la seconda scheda. Il (relativo) vantaggio di un'opzione così riduttiva, propria in particolare di partiti che si considerano minoritari in partenza, è che essi non saranno soggetti a quelle riduzioni di voti (scorporo relativo: lo descriveremo più avanti) che, viceversa, penalizzano le formazioni che conseguono seggi nei collegi uninominali. Inoltre, la rinuncia a concorrere in questo ambito con un proprio simbolo può favorire indirettamente altre forze che, anche quando non appartengono alla stessa area di schieramento, possono comunque appellarsi agli elettori del partito "assente" nella prima scheda per indurli a un voto contro il candidato del campo meno gradito, piuttosto che a un'astensione.

E' in un simile contesto che si profila la possibilità di quegli accordi cosiddetti "tecnici" o non programmatici da cui può anche dipendere l'esito della competizione nel suo complesso.

Per disincentivare una partecipazione indiscriminata, marginale o avventurosa alla gara in sede circoscrizionale il legislatore ha stabilito una soglia di sbarramento pari al 4 per cento dei voti validamente espressi sul piano nazionale, non raggiungendo la quale le liste sono messe fuori gioco: non sono cioè ammesse al riparto proporzionale dei 155 seggi in palio. Approssimativamente, ragionando sulle medie statistiche, si può ritenere che ciascuna formazione in gara, per poter essere rappresentata alla Camera, debba ottenere almeno 1.560.000 (circa) voti con la seconda scheda. Un tale risultato minimo assicura la conquista certa di 7 o 8 seggi, tenendo anche presente il particolare metodo di computo di cui si dirà in prosieguo.

E' sulla base di questi dati che i partiti devono impostare le loro strategie. Una concentrazione di forze appartenenti allo stesso campo in sede circoscrizionale è assai improbabile. Si potrebbe realizzare soltanto se tutte fossero d'accordo su un solido programma e su una precostituita formula di governo: se prevalesse, cioè, una prospettiva positiva e non piuttosto negativa (battere lo schieramento o gli schieramenti avversi). I tempi non sembrano ancora maturi, l'uscita dal vecchio sistema politico è troppo recente e il nuovo per ora è soltanto prefigurato. I partiti più forti e quelli assolutamente convinti di superare la soglia di sbarramento si indirizzeranno quindi verso una presenza autonoma delle proprie liste.

Viceversa, le formazioni più a rischio dovranno non trascurare l'opportunità di allearsi tra di loro in rapporto all'affinità o alla non palese incompatibilità di programmi, di storia e di immagine. L'alleanza (o, meglio, il blocco) in questo caso comporta la necessità di individuare un contrassegno comune (che facilmente consiste nell'assemblaggio dei simboli di ciascuna).

Un incentivo alla frammentazione delle liste, in controtendenza rispetto alla logica della legge elettorale, proviene dalle disposizioni (anch'esse recenti) che disciplinano il rimborso delle spese elettorali sostenute dai partiti. Di esso beneficiano (in proporzione ai voti conseguiti nella competizione in sede circoscrizionale) non solo i partiti o movimenti che abbiano superato la soglia del 4 per cento dei voti validamente espressi sul piano nazionale, ma anche i gruppi che abbiano ottenuto almeno un eletto a loro collegato nei collegi uninominali e almeno il 3 per cento dei voti, sempre in ambito nazionale. Ciò significa, in sostanza, che anche forze che contano su un consenso globale prossimo ai 1.200.000 voti sarebbero tentate a percorrere l'avventura elettorale, allettate dal miraggio del rimborso; devono però essere sicure, adoperandosi attraverso una politica di convenienti patti eletto­rali, di vincere in almeno un collegio uninominale.

Le osservazioni generali appena svolte sul prevedibile comportamento dei partiti politici nelle elezioni della Camera, con riguardo all'ambito circoscrizionale (ma in realtà nazionale), possono valere anche per il Senato. Occorre però adattarle al meno complesso sistema elettorale vigente per questa Assemblea. Anche qui -come abbiamo visto- è in palio una quota di seggi da ripartire con metodo proporzionale; ma una siffatta distribuzione avviene non a livello nazionale, ma esclusivamente a livello regionale. Come dire che ciascuna regione fa storia a sè e che i partiti devono pertanto adeguare le loro strategie in rapporto alla realtà assolutamente disomogenea delle singole regioni e delle diverse aspettative che essi conseguentemente maturano. Occorre, in particolare, ricordare che nella maggior parte delle regioni il numero dei seggi in palio con la proporzionale è assi basso, inferiore a 6. Inevitabile, dunque, che in queste situazioni i partiti siano stimolati a ricercare alleanze-blocchi per la presentazione di gruppi di candidature comuni sotto un contrassegno di cartello. Per il Senato non sussiste alcuna formale soglia di sbarramento, ma, di fatto, il metodo di ripartizione in ragione proporzionale ivi vigente (sarà descritto più avanti) è ancora più selettivo dei congegni introdotti per l'elezione della Camera: una ghigliottina più silenziosa, ma più tagliente. Anche le condizioni per ottenere i rimborsi sono relativamente più severe: ne hanno diritto quei gruppi che abbiano conseguito almeno un eletto nella regione o almeno il 5 per cento dei voti validamente espressi in tale ambito.

Per quanto concerne gli adempimenti formali, anche le liste circoscrizionali per la Camera o i gruppi di candidati per il Senato devono essere depositati -contraddistinti con i rispettivi contrassegni- negli appositi Uffici di ciascuna circoscrizione con il corredo della do­cumentazione prevista (accettazione delle candidature ecc.) e di un numero prescritto di sottoscrizioni di sostegno da parte di elettori ivi residenti. Queste variano in rapporto alla consistenza demografica delle circoscrizioni medesime (per la Camera il numero minimo di firme previsto è di 1500 per le circoscrizioni meno popolate e di 4000 per quelle più dense; per il Senato il numero minimo oscilla tra 1500 e 3500 a seconda delle regioni. In caso di elezioni anticipate -come le prossime- tali cifre sono ridotte della metà).

Sul piano delle operazioni preparatorie si deve ancora sottolineare il raccordo politico che esiste tra presentazione delle candidature individuali nei collegi uninominali e delle liste (per la Camera) nelle singole circoscrizioni: essa è fatta, nel caso in cui esse siano destinatarie di collegamento, dal medesimo rappresentante di partito, gruppo, supergruppo.

Anche per i protagonisti collettivi (partiti, gruppi, movimenti) che partecipano con proprie liste o gruppi di candidature alla gara elettorale vale il limite di spesa (il cosiddetto "tetto") per la campagna elettorale. Ciascuna formazione non può superare una certa somma, che risulta dalla moltiplicazione di lire 200 per il numero complessivo degli abitanti di ciascuna circoscrizione (per la Camera) e dei collegi per il Senato, ove la formazione sia presente.

[…]

 

 

 

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