Essere candidati nei collegi uninominali.
La necessità per i candidati
nei collegi uninominali di essere presentati dai rappresentanti dei partiti,
gruppi, supergruppi, il cui contrassegno contraddistingue i
candidati stessi, li solleva non poco dall'angoscia di trovarsi in solitudine
di fronte agli inevitabili fastidiosi adempimenti burocratici. L'organizzazione
collettiva è, come si è già osservato, non solo complementare, ma determinante
ai fini del deposito delle candidature negli Uffici centrali circoscrizionali.
Si tratta ora di considerare quali sono i presupposti e le condizioni che rendono
valida la candidatura e gli oneri che ne conseguono ai fini della
partecipazione alla gara elettorale.
Tutte le candidature devono,
innanzitutto, essere sostenute da un numero minimo di elettori iscritti nelle
liste elettorali dei comuni ricompresi nel collegio. Per i collegi uninominali
relativi alla Camera tale numero non deve essere inferiore a 500 e non
superiore a 1000. Per quelli afferenti al Senato la sottoscrizione è prescritta
soltanto per le candidature individuali (le firme raccolte devono essere
almeno 1000 e non più di 1500), giacché gli altri candidati in cordata
beneficiano -come si vedrà- della sottoscrizione di gruppo.
Ciascun candidato deve
inoltre produrre dichiarazione di accettazione della candidatura; e, se si
presenta in un collegio uninominale per la Camera, tale dichiarazione deve anche
contenere l'indicazione di collegamento (anche ai fini dell'eventuale
rimborso delle spese elettorali) con la lista o le liste che concorrono nella
circoscrizione, avendo naturalmente i rappresentanti delle stesse liste
accettato il collegamento. L'indicazione di collegamento può essere anche implicita:
quando la si può desumere dalla coincidenza dei contrassegni depositati.
I collegamenti devono essere
i medesimi in tutti i collegi uninominali della circoscrizione.
Cosicché si può comprendere come una tale scelta non dipenda nella sostanza
dalla volontà di ciascun candidato, anche se indipendente o esterno; è in
realtà il frutto di più generali e indisponibili accordi tra partiti o gruppi
politici (alleati) in sede nazionale.
Tra le condizioni previste
per la partecipazione alla competizione vi è il divieto di cumulo di
candidature. Chi si presenta alla Camera non può nel contempo concorrere per il
Senato. Se aspira a un seggio in questa assemblea può candidarsi in un solo
collegio uninominale; non può cioè, gareggiare in altri collegi anche se
appartenenti a regioni diverse.
L'impossibilità di essere
candidati in più di un collegio uninominale vale anche per la Camera, ma per
questa la disciplina è meno severa, in quanto il limite di una sola candidatura
nei collegi uninominali non impedisce di essere inclusi in non più di tre
liste rigide contraddistinte dallo stesso contrassegno, in circoscrizioni
diverse. Come dire che per la Camera ogni candidato potrebbe in astratto
disporre di quattro possibilità. Nella pratica, però, questa opportunità di
presenza plurima è riservata soprattutto ai leaders delle forze politiche o ai
cosiddetti candidati militanti.
Se per gli aspetti
organizzativi appena riferiti i candidati si trovano sostanzialmente al traino
delle formazioni che li presentano, nondimeno essi devono assumersi precise responsabilità
in proprio nel periodo di campagna elettorale.
La legge che la disciplina,
allo scopo di garantire la lealtà della competizione e di creare le
condizioni perché tutti i cittadini possano esprimere un voto libero e
consapevole, contempla una specie di status del candidato. Al quale
vengono dunque riconosciuti puntuali diritti e nel contempo imposti precisi
oneri, affinché possa svolgere la sua attività di propaganda in una situazione
di effettiva parità con gli altri concorrenti e di effettiva
trasparenza in favore degli elettori.
La
"moralizzazione" della politica inizia inevitabilmente dalle campagne
elettorali. Le regole fondamentali della recente legge si possono riassumere in
pochi e quasi ovvi principi:
I) Nella campagna elettorale,
come nella caccia, non è ammesso sparare senza esclusioni di colpi.
II) Tutti i competitori devono
fruire di eguali opportunità, soprattutto per quanto riguarda l'accesso ai
mezzi di informazione anche se di proprietà di privati.
III) Non sono ammesse forme di
propaganda volte a suggestionare o manipolare la capacità e volontà di scelta
degli elettori.
IV) Le spese elettorali non
possono essere illimitate; devono pertanto avere un tetto prestabilito e,
conseguentemente, di esse si deve rendere conto, pena -al di là delle sanzioni
pecuniarie- l'invalidità dell'eventuale elezione.
Proprio per rendere i
candidati direttamente e personalmente responsabili (anche quando in
realtà si muovono come pedine di partito) è prevista la figura del mandatario
elettorale: una sorta di gestore di fiducia del candidato designato dal
medesimo. Ogni candidato può avvalersi di un solo mandatario.
[…]
Gli attori collettivi della competizione: i partiti o
gruppi politici.
Il ruolo egemone mantenuto
dalle forze collettive anche nei nuovi sistemi elettorali, che pur si affidano
ai collegi uninominali per la formazione di tre quarti della rappresentanza
parlamentare, è già emerso quando si è parlato delle forme della presentazione
dei candidati nei collegi e delle opzioni tattiche e strategiche a cui le
singole formazioni sono in qualche misura costrette. L'indubbio processo di personalizzazione
della politica e della gara elettorale comporta probabilmente una
trasformazione e una notevole apertura dei partiti che stanno perdendo la
tradizionale fisionomia di legioni inquadrate a ranghi più o meno serrati.
L'immagine collettiva ora si costruisce anche sull'immagine degli attori
individuali. Questi sono tuttavia sempre espressione di una selezione che
avviene ad opera esclusiva di partiti, gruppi, supergruppi,
anche se, con il mutare delle regole del gioco, essi non possono essere
indifferenti alle buone scelte. Rispetto al precedente sistema
proporzionale a scrutinio di lista, che permetteva di mettere sul mercato
elettorale senza troppe preoccupazioni "prodotti" di vario genere e
qualità approfittando della capienza dei luoghi di vendita, adesso le vetrine
sono meno numerose e affollate e gli acquirenti hanno più possibilità di
valutare l'offerta.
Quel che rimane è, pur
corretta, la logica del marchio (non più esclusivo).
Le joint ventures che
facilmente si costituiscono nei collegi uninominali per l'elezione della Camera
si dissociano nelle circoscrizioni, dove complessivamente è in palio
l'aggiudicazione dei 155 seggi da ripartire in ragione proporzionale. A questo
fine gli elettori, come si è visto, hanno a disposizione un secondo voto
da spendere con una seconda scheda. Sono del tutto liberi di comportarsi
anche con fantasiosa incoerenza politica rispetto al primo voto.
Ma che cosa viene offerto
nel mercato circoscrizionale? Qui normalmente si incontrano i partiti con i
loro contrassegni tipici e con loro liste corte (come si è già
segnalato, esse non possono contenere più di quattro candidati, nelle
circoscrizioni di maggiori dimensioni, ma ve ne sono alcune dove ciascuna lista
deve avere un solo candidato; infatti il numero massimo di candidati
consentito è in relazione ai seggi assegnati alle singole circoscrizioni, sulla
base della loro consistenza demografica, come si riferirà in seguito).
Le liste sono anche rigide: i candidati sono cioè disposti
secondo un ordine, per così dire, gerarchico di cui l'elettore
deve prendere atto, senza alcuna possibilità di modificarlo, non disponendo più
del voto di preferenza, come in passato. Questa graduatoria interna a ciascuna
lista significa che i partiti indicano preventivamente che, se riusciranno a
conseguire uno o più seggi nella circoscrizione, essi saranno assegnati
seguendo appunto l'ordine di lista. E' pertanto evidente che i candidati
collocati all'ultimo posto avranno minori probabilità di essere eletti.
I partiti non sono comunque
tenuti a riempire tutti i posti della lista. Ci potrà essere in proposito una
differenziazione di strategia a seconda dell'aspettativa di voto e dell'immagine
complessiva che ciascuna formazione vuole dare di sé agli elettori. I
partiti che confidano in un buon risultato nella gara proporzionale
tendenzialmente depositeranno liste complete, tanto più se in esse includeranno
candidati che potrebbero riuscire anche nel collegio uninominale dove sono in
lizza. Il rischio, in effetti, sarebbe quello di conquistare seggi che non è
possibile coprire per carenza di candidati, con la conseguenza poco gradita di
regalare seggi ad altre liste concorrenti. Viceversa è possibile (ma poco
probabile) che altri partiti (che prevedono di ottenere un risultato medio)
decidano di presentare liste incomplete e magari formate da un solo autorevole
candidato che in tal modo garantisca l'univocità dell'immagine del partito.
Sarebbe questo un espediente per forzare in senso uninominale la stessa
competizione circoscrizionale e, magari, ovviare alla scarsa simpatia che gli
elettori potrebbero manifestare nei confronti delle gerarchie nelle liste.
E' comunque sicuro che i
posti nelle medesime siano destinati soprattutto ai leaders di partito, non
solo per ragioni di prestigio, ma anche per assicurare lo loro elezione senza
troppi rischi. Come si è già segnalato, per la Camera è infatti ammessa la
candidatura della stessa persona in un collegio uninominale e in tre circoscrizioni
diverse, purché sia contraddistinta dallo stesso simbolo.
La proporzionale favorisce
indubbiamente una più larga e diffusa partecipazione delle forze politiche in
sede circoscrizionale, potendo competere in tale ambito anche le formazioni il
cui contrassegno non appare nei collegi uninominali. Infatti, se per i
candidati che qui concorrono, il collegamento con (almeno) una lista presente
nella circoscrizione che ricomprende il loro collegio è obbligatorio, la
stessa condizione non è invece imposta alle liste. Vi possono pertanto essere
partiti che decidono di puntare tutte le loro chances solo nella gara
proporzionale e "cacciare" solo i consensi espressi con la seconda
scheda. Il (relativo) vantaggio di un'opzione così riduttiva, propria in particolare
di partiti che si considerano minoritari in partenza, è che essi non saranno
soggetti a quelle riduzioni di voti (scorporo relativo: lo descriveremo
più avanti) che, viceversa, penalizzano le formazioni che conseguono seggi nei
collegi uninominali. Inoltre, la rinuncia a concorrere in questo ambito con un
proprio simbolo può favorire indirettamente altre forze che, anche quando non
appartengono alla stessa area di schieramento, possono comunque appellarsi
agli elettori del partito "assente" nella prima scheda per indurli a
un voto contro il candidato del campo meno gradito, piuttosto che a
un'astensione.
E' in un simile contesto che
si profila la possibilità di quegli accordi cosiddetti "tecnici" o non
programmatici da cui può anche dipendere l'esito della competizione nel suo
complesso.
Per disincentivare una
partecipazione indiscriminata, marginale o avventurosa alla gara in sede
circoscrizionale il legislatore ha stabilito una soglia di sbarramento
pari al 4 per cento dei voti validamente espressi sul piano nazionale, non
raggiungendo la quale le liste sono messe fuori gioco: non sono cioè
ammesse al riparto proporzionale dei 155 seggi in palio. Approssimativamente,
ragionando sulle medie statistiche, si può ritenere che ciascuna formazione in
gara, per poter essere rappresentata alla Camera, debba ottenere almeno
1.560.000 (circa) voti con la seconda scheda. Un tale risultato minimo assicura
la conquista certa di 7 o 8 seggi, tenendo anche presente il particolare metodo
di computo di cui si dirà in prosieguo.
E' sulla base di questi dati
che i partiti devono impostare le loro strategie. Una concentrazione di forze
appartenenti allo stesso campo in sede circoscrizionale è assai improbabile.
Si potrebbe realizzare soltanto se tutte fossero d'accordo su un solido
programma e su una precostituita formula di governo: se prevalesse, cioè, una prospettiva
positiva e non piuttosto negativa (battere lo schieramento o gli
schieramenti avversi). I tempi non sembrano ancora maturi, l'uscita dal vecchio
sistema politico è troppo recente e il nuovo per ora è soltanto prefigurato. I
partiti più forti e quelli assolutamente convinti di superare la soglia di
sbarramento si indirizzeranno quindi verso una presenza autonoma delle proprie
liste.
Viceversa, le formazioni più
a rischio dovranno non trascurare l'opportunità di allearsi tra di loro in
rapporto all'affinità o alla non palese incompatibilità di programmi, di
storia e di immagine. L'alleanza (o, meglio, il blocco) in questo caso
comporta la necessità di individuare un contrassegno comune (che facilmente
consiste nell'assemblaggio dei simboli di ciascuna).
Un incentivo alla
frammentazione delle liste, in controtendenza rispetto alla logica della legge
elettorale, proviene dalle disposizioni (anch'esse recenti) che disciplinano il
rimborso delle spese elettorali sostenute dai partiti. Di esso beneficiano (in
proporzione ai voti conseguiti nella competizione in sede circoscrizionale) non
solo i partiti o movimenti che abbiano superato la soglia del 4 per cento dei
voti validamente espressi sul piano nazionale, ma anche i gruppi che abbiano
ottenuto almeno un eletto a loro collegato nei collegi uninominali e almeno il
3 per cento dei voti, sempre in ambito nazionale. Ciò significa, in sostanza,
che anche forze che contano su un consenso globale prossimo ai 1.200.000 voti
sarebbero tentate a percorrere l'avventura elettorale, allettate dal miraggio
del rimborso; devono però essere sicure, adoperandosi attraverso una politica
di convenienti patti elettorali, di vincere in almeno un collegio uninominale.
Le osservazioni generali
appena svolte sul prevedibile comportamento dei partiti politici nelle
elezioni della Camera, con riguardo all'ambito circoscrizionale (ma in realtà
nazionale), possono valere anche per il Senato. Occorre però adattarle al meno
complesso sistema elettorale vigente per questa Assemblea. Anche qui -come
abbiamo visto- è in palio una quota di seggi da ripartire con metodo
proporzionale; ma una siffatta distribuzione avviene non a livello nazionale,
ma esclusivamente a livello regionale. Come dire che ciascuna regione fa
storia a sè e che i partiti devono pertanto adeguare le loro strategie in
rapporto alla realtà assolutamente disomogenea delle singole regioni e delle
diverse aspettative che essi conseguentemente maturano. Occorre, in
particolare, ricordare che nella maggior parte delle regioni il numero dei
seggi in palio con la proporzionale è assi basso, inferiore a 6. Inevitabile,
dunque, che in queste situazioni i partiti siano stimolati a ricercare
alleanze-blocchi per la presentazione di gruppi di candidature comuni
sotto un contrassegno di cartello. Per il Senato non sussiste alcuna formale
soglia di sbarramento, ma, di fatto, il metodo di ripartizione in ragione
proporzionale ivi vigente (sarà descritto più avanti) è ancora più selettivo
dei congegni introdotti per l'elezione della Camera: una ghigliottina più silenziosa,
ma più tagliente. Anche le condizioni per ottenere i rimborsi sono
relativamente più severe: ne hanno diritto quei gruppi che abbiano conseguito
almeno un eletto nella regione o almeno il 5 per cento dei voti validamente
espressi in tale ambito.
Per quanto concerne gli
adempimenti formali, anche le liste circoscrizionali per la Camera o i gruppi
di candidati per il Senato devono essere depositati -contraddistinti con i rispettivi
contrassegni- negli appositi Uffici di ciascuna circoscrizione con il corredo
della documentazione prevista (accettazione delle candidature ecc.) e di un
numero prescritto di sottoscrizioni di sostegno da parte di elettori ivi
residenti. Queste variano in rapporto alla consistenza demografica delle
circoscrizioni medesime (per la Camera il numero minimo di firme
previsto è di 1500 per le circoscrizioni meno popolate e di 4000 per quelle più
dense; per il Senato il numero minimo oscilla tra 1500 e 3500 a seconda
delle regioni. In caso di elezioni anticipate -come le prossime- tali cifre
sono ridotte della metà).
Sul piano delle operazioni
preparatorie si deve ancora sottolineare il raccordo politico che esiste
tra presentazione delle candidature individuali nei collegi uninominali e delle
liste (per la Camera) nelle singole circoscrizioni: essa è fatta, nel caso in
cui esse siano destinatarie di collegamento, dal medesimo rappresentante
di partito, gruppo, supergruppo.
Anche per i protagonisti
collettivi (partiti, gruppi, movimenti) che partecipano con proprie liste
o gruppi di candidature alla gara elettorale vale il limite di spesa (il
cosiddetto "tetto") per la campagna elettorale. Ciascuna formazione
non può superare una certa somma, che risulta dalla moltiplicazione di lire 200
per il numero complessivo degli abitanti di ciascuna circoscrizione (per la
Camera) e dei collegi per il Senato, ove la formazione sia presente.
[…]