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Estratto da FARSI ELEGGERE / Edizioni Il Sole – 24 ore – 1994

Introduzione di Ernesto Bettinelli

PARTE QUINTA

 

      

 

       I luoghi della gara elettorale: collegi uninominali, circoscrizioni, Regioni.

 

Non si può comprendere il "gioco" elettorale se non si hanno ben presenti i luoghi (le "riserve") in cui si muovano ("cacciano") gli attori individuali e collettivi della competizione.

[Dopo il 28 marzo] i vincitori si identificheranno certamente valutando il risultato complessivo nazionale. E, per la prima volta nella nostra storia repubblicana, si accerterà innanzitutto quale schieramento o campo è prevalso, piuttosto che prestare attenzione alle quote conseguite dai partiti come tali. Se non vi sarà un vincitore assoluto, come può accadere quando la polarizzazione non è perfetta o compiuta, allora varranno gli esiti frazionari, dai quali dipende l'individuazione della formula di governo di compromesso (non alternativa).

Comunque vadano le cose, il sistema maggioritario, per tre quarti fondato sui collegi uninominali, fa sì che la vittoria o la sconfitta si misurino sulle tante vittorie o sconfitte che si sono ottenute in tali ambiti ristretti. D'altra parte il correttivo proporzionale (pur riguardando solo un quarto dei seggi in palio, sia per la Camera, sia per il Senato) può diventare determinante nei conti di fine partita. Ma esso opera in situazioni territoriali più ampie, che condizionano diversamente il comportamento degli elettori e, come in parte si è già constatato, la strategia dei competitori.

La dimensione territoriale della gara è dunque essenziale.

I collegi uninominali sono presenti per l'elezione sia della Camera, sia del Senato; e a tutti si applica la medesima regola: tra i candidati in lizza vince chi prende più voti.

Eppure, l'organizzazione e l'estensione territoriali degli uni e degli altri non sono affatto coincidenti. E anche gli effetti (l'interferenza) dell'elezione maggioritaria sulle complementari elezioni proporzionali nei più vasti ambiti circoscrizionali sono differenti per i due tipi di collegio.

Analizziamo dapprima l'organizzazione territoriale per l'elezione della Camera dei deputati. I relativi collegi uninominali (in tutto 475 e pari al numero dei seggi che si disputano con il metodo maggioritario secco, più volte illustrato) sono distribuiti in 26 circoscrizioni di varia ampiezza e densità demografica. Nella maggior parte dei casi la circoscrizione corrisponde a una regione (ad esempio: Liguria, Puglia, Sardegna...); in altri casi la circoscrizione è infraregionale ed è pertanto costituita da più province (ad esempio il Veneto comprende due circoscrizioni); più raramente è formata da una sola provincia (come per le grandi aree metropolitane di Torino, Milano, Roma, Napoli). Questa differente calibratura indica l'intento del legislatore di individuare bacini elettorali tendenzialmente omogenei sotto l'aspetto non solo geografico, ma anche socio-economico. Ad ogni circoscrizione i seggi in palio sono assegnati in rapporto proporzionale con la rispettiva consistenza demografica. Cosicché la circoscrizione del Molise si trova ad avere complessivamente solo 4 seggi e la circoscrizione più grande (la Puglia) ne ha 45.

Nelle singole circoscrizioni i relativi seggi sono poi destinati per il 75 per cento ai collegi uninominali e per il 25 per cento al riparto in ragione proporzionale (i cosiddetti seggi circoscrizionali per la cui aggiudicazione l'elettore si avvale della seconda scheda). E' allora facile comprendere perché il Molise abbia a disposizione 3 seggi per altrettanti collegi uninominali e 1 seggio per il riparto proporzionale; e perché la Puglia, invece, disponga di 34 ben seggi per altrettanti collegi uninominali e di 11 seggi per il riparto proporzionale.

Bisogna però osservare che se la dimensione circoscrizionale è dal punto di vista demografico assolutamente non omogenea (gli esempi appena proposti lo dimostrano chiaramente), viceversa la dimensione dei collegi uninominali, quale che sia la circoscrizione in cui sono collocati, è tendenzialmente uniforme secondo quanto disposto dal legislatore che ha dettato precisi criteri al riguardo. Infatti, la dimensione media dei collegi è di 119.540 abitanti, con un minimo di 110.000 nel Molise e con un massimo di 125 mila nel Lazio, come riferisce (Il Sole-24 ore, 24 dicembre 1993) Pasquale Scaramozzino, autorevole studioso di statistica elettorale. Il quale fornisce anche altri dati assai significativi per rendersi conto del tipo di competizione che si svolge in ambito uninominale. Egli ha calcolato che il numero medio di elettori per collegio sia circa di 100 mila e che i votanti non dovrebbero superare la soglia di 90 mila (ma, forse, occorrerebbe tenere conto anche della soppressione dell'obbligo giuridico del voto, la quale potrebbe indirettamente incentivare l'astensionismo). Ed ha quindi stimato che 25-30 mila voti dovrebbero essere sufficienti a determinare l'elezione.

Queste cifre, pur provvisorie, sono utilissime, anzi indispensabili, agli attori collettivi delle competizioni (e agli elettori razionali che intendono far pesare il loro voto) per impostare le più convenienti strategie di alleanze e, soprattutto, per scegliere i "giusti" candidati nei collegi uninominali. La dimensione ridotta dei quali invita in particolare a privilegiare le personalità non solo dotate di buone e riconosciute qualità, ma anche fortemente legate al territorio di riferimento (e ciò vale soprattutto quando il collegio coincida con un comune o con comuni finitimi; meno forse nelle più disomogenee aree metropolitane). Un rapporto così stretto tra candidati ed elettori suggerisce poi di selezionare accuratamente i mezzi di propaganda a disposizione. E', ad esempio, probabile che una campagna condotta door to door o attraverso forme di corrispondenza personalizzata sia più efficace del ricorso ai media televisivi locali, che in una simile situazione aumentano la distanza (psicologica) tra candidato ed elettori, invece di diminuirla; anche gli incontri (con gruppi limitati di persone o di categorie) o perfino i "vecchi" comizi, zona per zona, possono rivelarsi più produttivi (oltre che meno costosi) della presenza in video.

Le circoscrizioni, nell'organizzazione elettorale della Camera, sono luoghi di competizione, per così dire, virtuali. L'elezione dei candidati, inseriti nelle relative liste rigide e corte (ne abbiamo trattato sopra) presentate da ciascuna formazione, non dipende infatti soltanto dai suffragi effettivamente dati dagli elettori delle circoscrizioni medesime; ma -come si vedrà- è effetto di tutta una serie di combinazioni obiettive imprevedibili e di calcoli che si effettuano a livello nazionale. Per ora basta ancora segnalare che il voto attribuito a una lista in sede circoscrizionale viene contato innanzitutto a livello nazionale e che risultano penalizzati in ambito nazionale e conseguentemente circoscrizionale quei partiti o gruppi che hanno vinto nei collegi uninominali, con l'elezione dei candidati collegati con gli stessi partiti o gruppi.

Dunque la battaglia che si combatte nelle singoli circoscrizioni con la seconda scheda è in verità una battaglia partitica nazionale: sono complessivamente in gioco 155 seggi da ripartire con metodo proporzionale. E ciascuna formazione si appellerà a tutti gli elettori per ottenere un voto che sarà comunque utile, a patto naturalmente di superare la fatidica soglia del 4 per cento.

Anche per il Senato (formato da soli 315 eletti) i collegi uninominali sono ricompresi in 20 circoscrizioni che coincidono sempre con le regioni. E anche per il Senato vale, sia pure in maniera meno rigida, la regola del rapporto proporzionale tra consistenza demografica di ciascuna Regione-circoscrizione e numero di seggi alla medesima assegnati. Ciò chiarisce perché il Lazio ne conti complessivamente 28 e invece l'Umbria ne abbia in tutto 7. Infine, anche per il Senato vale il principio che in ciascuna Regione-circoscrizione i 3/4 dei seggi siano ridistribuiti in altrettanti collegi uninominali e 1/4 sia riservato alla quota da ripartire con metodo proporzionale. Cosicché nel Lazio si constaterà la presenza di 21 collegi uninominali che eleggeranno immediatamente 21 senatori attraverso il sistema maggioritario secco e di 7 seggi regionali, da ripartire secondo una formula proporzionalistica. In Umbria i collegi uninominali sono 5 e i seggi regionali soltanto 2.

Il numero inferiore (più della metà rispetto a quello della Camera) di collegi uninominali (232) per il Senato comporta una maggiore ampiezza dei medesimi (anch'essi disegnati, seppur con notevoli approssimazioni, secondo quei criteri di omogeneità previsti per i collegi uninominali della Camera). Richiamando ancora le elaborazioni di Scaramozzino, si può rilevare che la loro dimensione demografica media è approssimativamente pari a 244 mila abitanti e che il numero medio di elettori per collegio è di circa 180 mila, con un'affluenza media prevedibile di votanti pari a 155 mila.

In tali collegi dunque la quota di consenso necessaria per aggiudicarsi il posto in palio oscilla tra i 50 mila e i 60 mila voti.

Come si vede, nella sostanza, si tratta di cifre doppie rispetto a quelle valutate per i collegi della Camera. Anche a questi dati i protagonisti della competizione elettorale e gli elettori devono prestare attenzione. Se le strategie di alleanza e di schieramento potranno mutare in modo abbastanza relativo (anche se qui -lo si è già rimarcato- diviene determinante la specificità di ciascuna regione), certamente peserà in modo diverso la diversa ampiezza dei collegi ai fini dell'individuazione dei mezzi più efficaci di comunicazione con gli elettori. Potrà in effetti risultare più conveniente il prevalente ricorso ai mass media televisivi di carattere regionale, tenendo anche presente che chi perde la competizione nel collegio uninominale potrebbe essere "ripescato" nella distribuzione dei, pur pochi, seggi regionali con il metodo proporzionale che verrà tra poco illustrato.

Rispetto alla Camera, pertanto, l'autosufficiente dimensione circoscrizionale (regionale) del Senato è meno virtuale. La scheda unica a disposizione dell'elettore e l'espediente delle cordate ("gruppi") tra candidati, che si presentano (o meglio: sono presentati) sotto lo stesso simbolo in collegi diversi, rendono più solido l'intreccio tra gioco principale nei collegi uninominali (con il sistema maggioritario) e gioco sussidiario nella avara riserva regionale (con sistema proporzionale).

 

 

       Chi vince e chi perde.

 

Per i 3/4 dei seggi in palio (475 per la Camera e 232 per il Senato) accertare chi ha vinto è facile. Basta verificare quale candidato nei relativi collegi uninominali abbia ottenuto il maggior numero di voti rispetto agli altri concorrenti. E per individuare quale schieramento, alleanza, gruppo, partito sia prevalso complessivamente nella competizione maggioritaria-uninominale è sufficiente considerare i simboli che hanno contraddistinto gli eletti nei collegi in cui si sono presentati (o meglio: sono stati presentati dai protagonisti collettivi). A questo punto si tratta semplicemente di tirare le somme

Il legislatore non ha però adottato un sistema maggioritario tout court, bensì ha ritenuto opportuno correggerlo riservando 1/4 dei seggi che formano le Assemblee legislative (155 per la Camera e 83 per il Senato) a un riparto attraverso metodi proporzionalistici. L'intento è quello di garantire anche alle forze minoritarie, ma con un seguito non marginale, una rappresentanza in Parlamento. Per rendere più sicura questa possibilità è previsto un meccanismo perequativo, in virtù del quale le forze che si sono rivelate più forti nei collegi uninominali vengono, per così dire, penalizzate nel momento della ripartizione dei seggi in ragione proporzionale. Nel senso che esse in tale sede subiscono artificialmente una riduzione di voti, tanto più consistente quanto più è elevato il numero degli eletti appartenenti alle medesime nei collegi uninominali. E', questo, il diabolico congegno dello "scorporo" previsto sia per la Camere, sia per il Senato, con formule diverse che richiedono pertanto una illustrazione distinta.

 

 

       Il riparto dei seggi da distribuire in ragione proporzionale: il congegno dello"scorporo" per la Camera.

I 155 seggi in palio per il riparto proporzionale vengono distribuiti alle formazioni che hanno presentato proprie liste (è il contrassegno che le identifica) nelle diverse circoscrizioni e che sul piano nazionale abbiano ottenuto un numero sufficiente di voti (occorre superare la soglia di sbarramento!) espressi con la seconda scheda.

Sono gli Uffici centrali circoscrizionali e l'Ufficio centrale nazionale che si occupano delle operazioni di accertamento, di computo dei voti e di assegnazione dei seggi, secondo un preciso ordine stabilito dalla legge. Per rendere più agevole la comprensione di questo complesso procedimento, tali operazioni vengono qui riassunte ed esposte secondo la seguente sequenza logica:

I) Si accerta il totale dei voti validamente espressi dagli elettori con la seconda scheda (non si contano cioè le schede bianche e nulle) in tutte le 26 circoscrizioni.

II) Si calcola il numero di voti ottenuto sul piano nazionale da ciascuna formazione che ha partecipato alla gara circoscrizionale e si verifica se tale grandezza (cifra elettorale nazionale effettiva) è pari almeno al 4 per cento del totale di cui al punto I).

III) Vengono escluse dal riparto le formazioni che non hanno conseguito un risultato utile ai sensi del punto II). Sono viceversa ammesse al riparto tutte le altre formazioni: per esse si determina la rispettiva cifra elettorale nazionale competitiva, ai fini dell'aggiudicazione dei seggi in palio.

IV) La cifra elettorale nazionale competitiva di ciascuna formazione è data dalla somma delle proprie cifre elettorali circoscrizionali competitive.

A tal fine si tenga presente che:

       a) In ogni circoscrizione la cifra elettorale circoscrizionale competitiva di ogni singola formazione risulta dal numero dei voti complessivamente ottenuti (ed espressi con la seconda scheda) dalla stessa nella circoscrizione (cifra elettorale circoscrizionale effettiva) meno l'eventuale cifra di penalizzazione. Subiscono, infatti, la detrazione di voti soltanto le formazioni che, nei collegi uninominali ricompresi nella circoscrizione, beneficiano dell'elezione di candidati ad esse collegati. Tanto più diffuso è il successo di questi candidati, tanto più elevata è la penalizzazione (scorporo).

       b) Lo "scorporo" subito dalle singole formazioni che si trovano nelle condizioni di cui alla lettera precedente viene calcolato per ogni collegio uninominale nei modi seguenti:

                       1. Si determina una grandezza pari al 25 per cento dei voti validamente espressi nel collegio (tale valore si indica per comodità con C).

                       2) Si calcola il numero dei voti ottenuti dal candidato eletto (tale valore si indica per comodità con E) e il numero dei voti ottenuti dal candidato battuto (per intendersi: quello arrivato secondo) più uno (tale valore si indica per comodità con S).

                       3) Si procede al confronto tra le tre grandezze (C, E, S) e si perviene alle seguenti conclusioni:

                       3.1.) Se il valore S è superiore al valore C, esso (S) rappresenta il numero dei voti da scorporare -relativamente al collegio in questione- dalla cifra circoscrizionale effettiva della formazione a cui l'eletto è collegato (se questi ha dichiarato un solo collegamento).

                       3.2.) Se il valore S è inferiore al valore C, è questo ultimo valore (C) che rappresenta il numero dei voti da scorporare -relativamente al collegio in considerazione- dalla cifra circoscrizionale effettiva della formazione cui l'eletto è collegato (se questi ha dichiarato un solo collegamento).

                       3.3.) Se però il valore E è inferiore al valore C, il numero dei voti da scorporare è rappresentato da S, in quanto sarebbe evidentemente iniqua una detrazione superiore al numero dei voti ottenuti dall'eletto. Questa situazione si può verificare soprattutto quando il numero dei candidati concorrenti nel collegio è piuttosto elevato e nessuno riesce pertanto a conseguire un consenso superiore al 25 per cento dei voti validamente espressi. (Secondo altra interpretazione, che però non sembra essere confortata dalla sintassi della legge, in questa ipotesi il numero dei voti da scorporare sarebbe pari a quello dell'eletto, cioè E).

                       3.4.) Come si è già riferito, è frequente l'ipotesi in cui l'eletto nel collegio sia collegato a più formazioni (liste) circoscrizionali. In una tale evenienza le liste medesime (e non una sola) subiranno lo scorporo, naturalmente pro quota; cioè in misura proporzionale ai voti che ciascuna ha conseguito (con la seconda scheda) nell'ambito territoriale del collegio sopradetto. Rimangono valide tutte le operazioni e i confronti esposti nei punti precedenti; bisogna, in aggiunta, solo calcolare come si distribuisce concretamente lo scorporo tra le suddette formazioni [la formula è questa: si moltiplica, per ciascuna, il totale dei voti riportati nel collegio per la grandezza che individua lo scorporo complessivo; i prodotti che si ricavano, relativi a ciascuna formazione, sono poi divisi da una cifra che rappresenta la somma dei voti conseguiti da tali liste nel collegio. I quozienti (si considera sola la loro parte intera) che ne derivano sono il numero di voti che devono essere detratti (scorporati) dalle singole cifre elettorali circoscrizionali effettive.

E' forse inutile sottolineare di nuovo che le operazioni sopraesposte sono fatte collegio per collegio, della medesima circoscrizione, al fine di calcolare la cifra elettorale circoscrizionale competitiva di ciascuna formazione. Quando dovesse risultare per alcuna di esse la coincidenza tra cifra elettorale circoscrizionale competitiva e cifra elettorale circoscrizionale effettiva, ciò significa che in nessun collegio uninominale della circoscrizione è stato proclamato eletto un candidato collegato con tale formazione. E, quindi, non c'è penalizzazione

 

V) Una volta determinata per ciascuna formazione ammessa al riparto la relativa cifra elettorale nazionale competitiva, è possibile e facile attraverso un'altra serie di operazioni (compiute a livello nazionale) accertare quanti dei 155 seggi in palio le singole formazioni si siano aggiudicate. Il metodo di ripartizione proporzionale adottato a tale scopo è quello del quoziente. Occorre:

       a) addizionare tutte le cifre elettorali nazionali competitive;

       b) dividere il totale così ottenuto per 155 (il numero dei seggi in palio), per ottenere una grandezza che rappresenta il quoziente elettorale nazionale;

       c) ciascuna cifra elettorale nazionale competitiva viene divisa per la grandezza di cui alla lettera precedente. La parte intera del quoziente indica il numero dei seggi da assegnare alla formazione cui appartiene la sopraddetta cifra elettorale nazionale competitiva. E' evidente che occorre procedere a tante divisioni quanto sono le liste ammesse al riparto. Se, come probabile, dopo queste divisioni rimangono ancora dei seggi da distribuire, questi sono assegnati alle formazioni che vantano i maggiori resti (si considera, cioè, la parte frazionaria del quoziente). [In caso di parità rileva la maggiore cifra elettorale nazionale competitiva; e a parità di quest'ultima si procede a sorteggio].

 

VI) Le operazioni fin qui descritte determinano il numero dei seggi conquistati dai singoli partiti con il riparto proporzionale. E' necessario, però, accertare anche come tali seggi si distribuiscano tra le 26 circoscrizioni, per conoscere quali candidati inseriti nelle liste rigide di ciascuna formazione sono stati eletti. E' allora indispensabile procedere a un'altra serie di calcoli interessanti le singole circoscrizioni. Consideriamoli in successione, con un po' di pazienza:

       a) In ogni circoscrizione si procede alla somma delle cifre elettorali circoscrizionali competitive relative soltanto a quelle formazioni che sono state ammesse al riparto proporzionale dei 155 seggi.

       b) La grandezza che in tal modo si ricava viene a sua volta divisa per il numero dei seggi cosiddetti proporzionali, assegnati alle singole circoscrizioni (che variano in rapporto, come si è già visto, alla rispettiva consistenza demografica). Il risultato di tali divisioni (tante quante sono le circoscrizioni) costituisce il quoziente circoscrizionale;

       c) In ogni circoscrizione, quindi, la cifra elettorale circoscrizionale competitiva di ciascuna formazione (di cui alla lett. a) viene divisa per tale quoziente circoscrizionale. La parte intera dei quozienti che si ottengono con queste divisioni indica il numero dei seggi che le singole formazioni copriranno nella stessa circoscrizione. E per ciascuna formazione saranno proclamati eletti i candidati secondo la graduatoria della relativa lista (rigida);

       d) Può facilmente accadere, per l'imperfezione delle divisioni di cui sopra, che non tutti i seggi nelle singole circoscrizioni siano coperti: che rimangano, cioè. dei seggi residui. In tal caso, per ciascuna formazione si fa riferimento alle parti decimali dei quozienti di cui alla lett. c.; tali parti vengono poste in una graduatoria decrescente ed è sulla base di questa che i seggi residui vengono attribuiti alle varie formazioni. Ma occorre fare in proposito alcune precisazioni: nella assegnazione dei seggi residui non si prendono naturalmente in considerazione le formazioni che abbiano già ottenuto la quota di seggi loro spettanti, come determinata a livello nazionale (V, lett. c); le operazioni di calcolo per la copertura dei seggi residui procedono a partire dalla circoscrizione di minore consistenza demografica, nella quale non tutti i seggi siano stati collocati.

       e) Se, nonostante queste ulteriori operazioni, rimanessero ancora da assegnare dei seggi ad una formazione, essa li ottiene nelle circoscrizioni dove vanta i maggiori resti (ci si riferisce, evidentemente, ai primi resti che non siano già stati utilizzati per il conseguimento di seggi).

 

VII) Può accadere (ma è ipotesi rara) che una formazione, alla resa dei conti, si trovi con più posti di quanti siano i suoi candidati. Una tale eventualità può dipendere dalla concomitanza di varie circostanze. Parte dei candidati inseriti nelle liste della formazione in questione sono stati proclamati eletti nei collegi uninominali; oppure la formazione stessa ha presentato liste incomplete nelle circoscrizioni ove le liste sono costituite da più di un candidato. Ebbene, se si verifica una siffatta congiuntura, la formazione "pesca" tra i candidati ad essa collegati nei collegi uninominali (della circoscrizione dove sono rimasti scoperti i seggi, per deficit di candidati); candidati che, non risultando eletti, abbiano, in termini percentuali rispetto ai votanti, ottenuto il più elevato consenso. Le cose si complicano se gli stessi candidati sono collegati con più liste; in tal caso può anche succedere che entrino nel carniere della formazione senza candidati deputati che magari appartengono ad altro partito... Meglio presentare liste complete, dunque!

 

       ll riparto dei seggi da distribuire in ragione proporzionale: il congegno dello "scorporo"  per il Senato

 

Fortunatamente il sistema di ripartizione della quota di seggi in ragione proporzionale è per questa Assemblea più semplice. Innanzitutto la base regionale, come si è visto, comporta l'esclusione di operazioni a livello nazionale. E' lo stesso voto espresso dagli elettori nei collegi uninominali -ricompresi in ciascuna regione- che vale anche ai fini della ripartizione proporzionale (se viene dato a un candidato che faccia parte di un "gruppo", come perlopiù capita). Non esistono soglie di sbarramento e la tecnica di "scorporo" è meno complicata.

I soggetti che concorrono in ciascuna regione alla distribuzione dei seggi regionali cosiddetti proporzionali sono le formazioni che hanno presentato nei singoli collegi candidati tra di loro raggruppati (che corrono, per semplificare, sotto lo stesso contrassegno).

Per calcolare quanti dei seggi in palio ciascuna formazione-gruppo riesce ad aggiudicarsi, occorre procedere alle seguenti operazioni:

I) La determinazione della cifra elettorale effettiva di ciascun gruppo: pari alla somma dei voti conseguiti dai singoli candidati -appartenenti al medesimo gruppo- nei rispettivi collegi uninominali; contano anche i voti dei candidati che abbiano vinto la competizione nel loro collegio uninominale.

II) La determinazione della cifra elettorale competitiva di ciascun gruppo, mediante il cosiddetto "scorporo integrale". Ciò significa che dalla cifra elettorale effettiva di ciascun gruppo viene detratto un numero di voti pari alla somma dei suffragi ottenuti dai candidati del medesimo gruppo proclamati eletti nei collegi uninominali. L'eventuale coincidenza tra cifra elettorale effettiva e cifra elettorale competitiva segnala che nessun candidato del gruppo è riuscito a vincere nel suo collegio.

III) La cifra elettorale competitiva di ciascuna formazione-gruppo, come sopra determinata, viene successivamente divisa per i divisori: 1, 2, 3 ...n, fino al numero dei seggi in palio.

IV) Tutti i quozienti che risultano da questa serie di divisioni (relative a ciascun gruppo in competizione) vengono posti in una graduatoria decrescente, cosicché a ciascun gruppo sono assegnati tanti seggi quanti sono i quozienti che riesce a piazzare nella sopradetta graduatoria. In caso di parità di quoziente, il seggio è attribuito al gruppo dotato della minore cifra elettorale competitiva. Nell'ipotesi, rara, in cui ad un gruppo spettino più seggi di quanti siano i suoi candidati, i seggi esuberanti sono distribuiti seguendo la graduatoria di quoziente.

V) Infine, per individuare a quali candidati sono destinati i seggi conquistati dalle rispettive formazioni-gruppi, si procede in modo altrettanto semplice. Si considera la quota (in termini percentuali) di consenso ottenuta dai singoli candidati -non eletti nel collegio uninominale- in rapporto ai voti validi complessivamente espressi nel collegio medesimo. [La formula matematica è questa: si moltiplica il numero dei validi ottenuto da ciascun candidato per 100; il prodotto che risulta si divide poi per il totale dei voti validi espressi nel collegio].

Il metodo che si è qui illustrato (conosciuto come metodo d'Hondt, dal nome del matematico che l'ha escogitato) è, in verità, molto selettivo e determina nella gran parte delle regioni un esito solo apparentemente proporzionale. Ciò è di immediata evidenza per le regioni in cui i seggi da distribuire in ragione proporzionale sono meno di cinque. In tali contesti la strategia dei blocchi tra forze minoritarie affini parrebbe davvero inevitabile, come si ha già avuto modo di considerare.

 

       I divieti della campagna elettorale: alla ricerca del voto genuino.

 

Il rispetto del principio di lealtà della competizione richiede non soltanto che tutti i protagonisti individuali e collettivi possano fruire di uguali opportunità per la loro attività di propaganda; ma anche che questa venga condotta attraverso mezzi trasparenti, riconoscibili, non ingannevoli. Insomma, non è lecito "catturare" l'elettore "preda" con qualsiasi mezzo ed a qualsiasi costo, cercando di annullare la sua capacità di giudizio e... di resistenza. La "preda" deve essere in grado di esprimere liberamente il suo voto, senza subire indebite coazioni o tentativi di compressione e manipolazione della sua volontà, anche di ordine psicologico.

La Corte costituzionale, per sottolineare queste esigenze di tutela degli elettori, ha affermato che il voto, per essere effettivamente libero, deve essere "genuino".

Ogni manifestazione umana si può definire genuina quando sia "autentica", "schietta": quando non risulti alterata da comportamenti altrui che, con vari espedienti, siano consapevolmente diretti a modificare la capacità di percezione e la sensibilità proprie di ciascun individuo attraverso la deformazione (o, peggio, falsificazione) della realtà. Ove ciò accadesse si verrebbe a creare uno stato (magari solo parziale e provvisorio) di soggezione (psicologica), cosciente o incosciente che sia.

Si spiega così la disciplina delle campagne elettorali, che si caratterizza non solo per gli aspetti positivi già considerati, ma anche per alcuni significativi limiti e divieti diretti, soprattutto, a prevenire il pericolo di suggestioni che mettano a repentaglio il senso critico delle persone.

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