I luoghi della gara elettorale: collegi uninominali,
circoscrizioni, Regioni.
Non si può comprendere il
"gioco" elettorale se non si hanno ben presenti i luoghi (le
"riserve") in cui si muovano ("cacciano") gli attori
individuali e collettivi della competizione.
[Dopo il 28 marzo] i
vincitori si identificheranno certamente valutando il risultato complessivo
nazionale. E, per la prima volta nella nostra storia repubblicana, si accerterà
innanzitutto quale schieramento o campo è prevalso, piuttosto che prestare
attenzione alle quote conseguite dai partiti come tali. Se non vi sarà un
vincitore assoluto, come può accadere quando la polarizzazione non è
perfetta o compiuta, allora varranno gli esiti frazionari, dai quali
dipende l'individuazione della formula di governo di compromesso (non
alternativa).
Comunque vadano le cose, il
sistema maggioritario, per tre quarti fondato sui collegi uninominali, fa sì
che la vittoria o la sconfitta si misurino sulle tante vittorie o sconfitte che
si sono ottenute in tali ambiti ristretti. D'altra parte il correttivo
proporzionale (pur riguardando solo un quarto dei seggi in palio, sia per la
Camera, sia per il Senato) può diventare determinante nei conti di fine
partita. Ma esso opera in situazioni territoriali più ampie, che condizionano
diversamente il comportamento degli elettori e, come in parte si è già constatato,
la strategia dei competitori.
La dimensione territoriale
della gara è dunque essenziale.
I collegi uninominali sono
presenti per l'elezione sia della Camera, sia del Senato; e a tutti si applica
la medesima regola: tra i candidati in lizza vince chi prende più voti.
Eppure, l'organizzazione e
l'estensione territoriali degli uni e degli altri non sono affatto
coincidenti. E anche gli effetti (l'interferenza) dell'elezione maggioritaria
sulle complementari elezioni proporzionali nei più vasti ambiti
circoscrizionali sono differenti per i due tipi di collegio.
Analizziamo dapprima
l'organizzazione territoriale per l'elezione della Camera dei deputati. I
relativi collegi uninominali (in tutto 475 e pari al numero dei seggi che si
disputano con il metodo maggioritario secco, più volte illustrato) sono
distribuiti in 26 circoscrizioni di varia ampiezza e densità
demografica. Nella maggior parte dei casi la circoscrizione corrisponde a una
regione (ad esempio: Liguria, Puglia, Sardegna...); in altri casi la circoscrizione
è infraregionale ed è pertanto costituita da più province (ad esempio il Veneto
comprende due circoscrizioni); più raramente è formata da una sola provincia
(come per le grandi aree metropolitane di Torino, Milano, Roma, Napoli). Questa
differente calibratura indica l'intento del legislatore di individuare
bacini elettorali tendenzialmente omogenei sotto l'aspetto non solo geografico,
ma anche socio-economico. Ad ogni circoscrizione i seggi in palio sono
assegnati in rapporto proporzionale con la rispettiva consistenza demografica.
Cosicché la circoscrizione del Molise si trova ad avere complessivamente solo 4
seggi e la circoscrizione più grande (la Puglia) ne ha 45.
Nelle singole circoscrizioni
i relativi seggi sono poi destinati per il 75 per cento ai collegi uninominali
e per il 25 per cento al riparto in ragione proporzionale (i cosiddetti seggi
circoscrizionali per la cui aggiudicazione l'elettore si avvale della
seconda scheda). E' allora facile comprendere perché il Molise abbia a
disposizione 3 seggi per altrettanti collegi uninominali e 1 seggio per il
riparto proporzionale; e perché la Puglia, invece, disponga di 34 ben seggi per
altrettanti collegi uninominali e di 11 seggi per il riparto proporzionale.
Bisogna però osservare che
se la dimensione circoscrizionale è dal punto di vista demografico
assolutamente non omogenea (gli esempi appena proposti lo dimostrano chiaramente),
viceversa la dimensione dei collegi uninominali, quale che sia la
circoscrizione in cui sono collocati, è tendenzialmente uniforme secondo quanto
disposto dal legislatore che ha dettato precisi criteri al riguardo. Infatti,
la dimensione media dei collegi è di 119.540 abitanti, con un minimo di 110.000
nel Molise e con un massimo di 125 mila nel Lazio, come riferisce (Il
Sole-24 ore, 24 dicembre 1993) Pasquale Scaramozzino, autorevole studioso
di statistica elettorale. Il quale fornisce anche altri dati assai
significativi per rendersi conto del tipo di competizione che si svolge
in ambito uninominale. Egli ha calcolato che il numero medio di elettori per
collegio sia circa di 100 mila e che i votanti non dovrebbero superare la soglia
di 90 mila (ma, forse, occorrerebbe tenere conto anche della soppressione
dell'obbligo giuridico del voto, la quale potrebbe indirettamente incentivare
l'astensionismo). Ed ha quindi stimato che 25-30 mila voti dovrebbero essere
sufficienti a determinare l'elezione.
Queste cifre, pur
provvisorie, sono utilissime, anzi indispensabili, agli attori collettivi delle
competizioni (e agli elettori razionali che intendono far pesare il loro
voto) per impostare le più convenienti strategie di alleanze e, soprattutto,
per scegliere i "giusti" candidati nei collegi uninominali. La
dimensione ridotta dei quali invita in particolare a privilegiare le
personalità non solo dotate di buone e riconosciute qualità, ma anche
fortemente legate al territorio di riferimento (e ciò vale soprattutto quando
il collegio coincida con un comune o con comuni finitimi; meno forse nelle più
disomogenee aree metropolitane). Un rapporto così stretto tra candidati ed
elettori suggerisce poi di selezionare accuratamente i mezzi di propaganda a
disposizione. E', ad esempio, probabile che una campagna condotta door to
door o attraverso forme di corrispondenza personalizzata sia più efficace
del ricorso ai media televisivi locali, che in una simile situazione aumentano
la distanza (psicologica) tra candidato ed elettori, invece di diminuirla;
anche gli incontri (con gruppi limitati di persone o di categorie) o perfino i
"vecchi" comizi, zona per zona, possono rivelarsi più produttivi
(oltre che meno costosi) della presenza in video.
Le circoscrizioni,
nell'organizzazione elettorale della Camera, sono luoghi di competizione, per
così dire, virtuali. L'elezione dei candidati, inseriti nelle relative liste
rigide e corte (ne abbiamo trattato sopra) presentate da ciascuna
formazione, non dipende infatti soltanto dai suffragi effettivamente dati dagli
elettori delle circoscrizioni medesime; ma -come si vedrà- è effetto di tutta
una serie di combinazioni obiettive imprevedibili e di calcoli che si effettuano
a livello nazionale. Per ora basta ancora segnalare che il voto attribuito a
una lista in sede circoscrizionale viene contato innanzitutto a livello
nazionale e che risultano penalizzati in ambito nazionale e
conseguentemente circoscrizionale quei partiti o gruppi che hanno vinto nei
collegi uninominali, con l'elezione dei candidati collegati con gli stessi partiti
o gruppi.
Dunque la battaglia che si
combatte nelle singoli circoscrizioni con la seconda scheda è in verità una
battaglia partitica nazionale: sono complessivamente in gioco 155 seggi da ripartire
con metodo proporzionale. E ciascuna formazione si appellerà a tutti gli
elettori per ottenere un voto che sarà comunque utile, a patto naturalmente di
superare la fatidica soglia del 4 per cento.
Anche per il Senato (formato
da soli 315 eletti) i collegi uninominali sono ricompresi in 20
circoscrizioni che coincidono sempre con le regioni. E anche per il
Senato vale, sia pure in maniera meno rigida, la regola del rapporto
proporzionale tra consistenza demografica di ciascuna Regione-circoscrizione e
numero di seggi alla medesima assegnati. Ciò chiarisce perché il Lazio ne conti
complessivamente 28 e invece l'Umbria ne abbia in tutto 7. Infine, anche per il
Senato vale il principio che in ciascuna Regione-circoscrizione i 3/4 dei seggi
siano ridistribuiti in altrettanti collegi uninominali e 1/4 sia riservato alla
quota da ripartire con metodo proporzionale. Cosicché nel Lazio si constaterà
la presenza di 21 collegi uninominali che eleggeranno immediatamente 21
senatori attraverso il sistema maggioritario secco e di 7 seggi regionali,
da ripartire secondo una formula proporzionalistica. In Umbria i collegi
uninominali sono 5 e i seggi regionali soltanto 2.
Il numero inferiore (più
della metà rispetto a quello della Camera) di collegi uninominali (232) per il
Senato comporta una maggiore ampiezza dei medesimi (anch'essi disegnati,
seppur con notevoli approssimazioni, secondo quei criteri di omogeneità
previsti per i collegi uninominali della Camera). Richiamando ancora le
elaborazioni di Scaramozzino, si può rilevare che la loro dimensione
demografica media è approssimativamente pari a 244 mila abitanti e che il
numero medio di elettori per collegio è di circa 180 mila, con un'affluenza media
prevedibile di votanti pari a 155 mila.
In tali collegi dunque la
quota di consenso necessaria per aggiudicarsi il posto in palio oscilla tra i
50 mila e i 60 mila voti.
Come si vede, nella
sostanza, si tratta di cifre doppie rispetto a quelle valutate per i collegi
della Camera. Anche a questi dati i protagonisti della competizione elettorale
e gli elettori devono prestare attenzione. Se le strategie di alleanza e di
schieramento potranno mutare in modo abbastanza relativo (anche se qui -lo si è
già rimarcato- diviene determinante la specificità di ciascuna
regione), certamente peserà in modo diverso la diversa ampiezza dei collegi ai
fini dell'individuazione dei mezzi più efficaci di comunicazione con gli
elettori. Potrà in effetti risultare più conveniente il prevalente ricorso ai
mass media televisivi di carattere regionale, tenendo anche presente che chi
perde la competizione nel collegio uninominale potrebbe essere
"ripescato" nella distribuzione dei, pur pochi, seggi regionali con
il metodo proporzionale che verrà tra poco illustrato.
Rispetto alla Camera,
pertanto, l'autosufficiente dimensione circoscrizionale (regionale) del
Senato è meno virtuale. La scheda unica a disposizione dell'elettore e
l'espediente delle cordate ("gruppi") tra candidati, che si
presentano (o meglio: sono presentati) sotto lo stesso simbolo in collegi
diversi, rendono più solido l'intreccio tra gioco principale nei collegi
uninominali (con il sistema maggioritario) e gioco sussidiario nella
avara riserva regionale (con sistema proporzionale).
Chi vince e chi perde.
Per i 3/4 dei seggi in palio
(475 per la Camera e 232 per il Senato) accertare chi ha vinto è facile. Basta
verificare quale candidato nei relativi collegi uninominali abbia ottenuto il maggior
numero di voti rispetto agli altri concorrenti. E per individuare quale
schieramento, alleanza, gruppo, partito sia prevalso complessivamente nella
competizione maggioritaria-uninominale è sufficiente considerare i simboli che
hanno contraddistinto gli eletti nei collegi in cui si sono presentati (o
meglio: sono stati presentati dai protagonisti collettivi). A questo
punto si tratta semplicemente di tirare le somme
Il legislatore non ha però
adottato un sistema maggioritario tout court, bensì ha ritenuto
opportuno correggerlo riservando 1/4 dei seggi che formano le Assemblee
legislative (155 per la Camera e 83 per il Senato) a un riparto attraverso
metodi proporzionalistici. L'intento è quello di garantire anche alle forze
minoritarie, ma con un seguito non marginale, una rappresentanza in
Parlamento. Per rendere più sicura questa possibilità è previsto un meccanismo perequativo,
in virtù del quale le forze che si sono rivelate più forti nei collegi
uninominali vengono, per così dire, penalizzate nel momento della
ripartizione dei seggi in ragione proporzionale. Nel senso che esse in tale
sede subiscono artificialmente una riduzione di voti, tanto più
consistente quanto più è elevato il numero degli eletti appartenenti alle
medesime nei collegi uninominali. E', questo, il diabolico congegno dello
"scorporo" previsto sia per la Camere, sia per il Senato, con formule
diverse che richiedono pertanto una illustrazione distinta.
Il riparto dei seggi da distribuire in ragione
proporzionale: il congegno dello"scorporo" per la Camera.
I 155 seggi in palio per il
riparto proporzionale vengono distribuiti alle formazioni che hanno presentato
proprie liste (è il contrassegno che le identifica) nelle diverse circoscrizioni
e che sul piano nazionale abbiano ottenuto un numero sufficiente di voti
(occorre superare la soglia di sbarramento!) espressi con la seconda scheda.
Sono gli Uffici centrali
circoscrizionali e l'Ufficio centrale nazionale che si occupano
delle operazioni di accertamento, di computo dei voti e di assegnazione dei
seggi, secondo un preciso ordine stabilito dalla legge. Per rendere più agevole
la comprensione di questo complesso procedimento, tali operazioni vengono qui
riassunte ed esposte secondo la seguente sequenza logica:
I) Si accerta il totale dei voti
validamente espressi dagli elettori con la seconda scheda (non si contano
cioè le schede bianche e nulle) in tutte le 26 circoscrizioni.
II) Si calcola il numero di
voti ottenuto sul piano nazionale da ciascuna formazione che ha
partecipato alla gara circoscrizionale e si verifica se tale grandezza (cifra
elettorale nazionale effettiva) è pari almeno al 4 per cento del totale di
cui al punto I).
III) Vengono escluse dal riparto
le formazioni che non hanno conseguito un risultato utile ai sensi del
punto II). Sono viceversa ammesse al riparto tutte le altre formazioni:
per esse si determina la rispettiva cifra elettorale nazionale competitiva,
ai fini dell'aggiudicazione dei seggi in palio.
IV) La cifra elettorale
nazionale competitiva di ciascuna formazione è data dalla somma delle
proprie cifre elettorali circoscrizionali competitive.
A tal fine si tenga presente
che:
a) In ogni circoscrizione la cifra elettorale
circoscrizionale competitiva di ogni singola formazione risulta dal numero
dei voti complessivamente ottenuti (ed espressi con la seconda scheda) dalla
stessa nella circoscrizione (cifra elettorale circoscrizionale effettiva)
meno l'eventuale cifra di penalizzazione. Subiscono,
infatti, la detrazione di voti soltanto le formazioni che, nei collegi
uninominali ricompresi nella circoscrizione, beneficiano dell'elezione di
candidati ad esse collegati. Tanto più diffuso è il successo di questi
candidati, tanto più elevata è la penalizzazione (scorporo).
b) Lo "scorporo" subito dalle singole formazioni
che si trovano nelle condizioni di cui alla lettera precedente viene calcolato
per ogni collegio uninominale nei modi seguenti:
1. Si
determina una grandezza pari al 25 per cento dei voti validamente espressi nel
collegio (tale valore si indica per comodità con C).
2) Si
calcola il numero dei voti ottenuti dal candidato eletto (tale valore si indica
per comodità con E) e il numero dei voti ottenuti dal candidato
battuto (per intendersi: quello arrivato secondo) più uno (tale
valore si indica per comodità con S).
3) Si
procede al confronto tra le tre grandezze (C, E, S) e si
perviene alle seguenti conclusioni:
3.1.) Se
il valore S è superiore al valore C, esso (S)
rappresenta il numero dei voti da scorporare -relativamente al collegio in
questione- dalla cifra circoscrizionale effettiva della formazione a cui
l'eletto è collegato (se questi ha dichiarato un solo collegamento).
3.2.) Se
il valore S è inferiore al valore C, è questo ultimo
valore (C) che rappresenta il numero dei voti da scorporare
-relativamente al collegio in considerazione- dalla cifra circoscrizionale
effettiva della formazione cui l'eletto è collegato (se questi ha dichiarato
un solo collegamento).
3.3.) Se
però il valore E è inferiore al valore C, il numero dei
voti da scorporare è rappresentato da S, in quanto sarebbe
evidentemente iniqua una detrazione superiore al numero dei voti ottenuti
dall'eletto. Questa situazione si può verificare soprattutto quando il numero
dei candidati concorrenti nel collegio è piuttosto elevato e nessuno riesce
pertanto a conseguire un consenso superiore al 25 per cento dei voti
validamente espressi. (Secondo altra interpretazione, che però non sembra
essere confortata dalla sintassi della legge, in questa ipotesi il numero dei
voti da scorporare sarebbe pari a quello dell'eletto, cioè E).
3.4.)
Come si è già riferito, è frequente l'ipotesi in cui l'eletto nel collegio sia
collegato a più formazioni (liste) circoscrizionali. In una tale evenienza le
liste medesime (e non una sola) subiranno lo scorporo, naturalmente pro
quota; cioè in misura proporzionale ai voti che ciascuna ha conseguito (con
la seconda scheda) nell'ambito territoriale del collegio sopradetto. Rimangono
valide tutte le operazioni e i confronti esposti nei punti precedenti;
bisogna, in aggiunta, solo calcolare come si distribuisce concretamente lo
scorporo tra le suddette formazioni [la formula è questa: si moltiplica, per
ciascuna, il totale dei voti riportati nel collegio per la grandezza che
individua lo scorporo complessivo; i prodotti che si ricavano, relativi a
ciascuna formazione, sono poi divisi da una cifra che rappresenta la somma dei
voti conseguiti da tali liste nel collegio. I quozienti (si considera sola la
loro parte intera) che ne derivano sono il numero di voti che devono essere
detratti (scorporati) dalle singole cifre elettorali circoscrizionali
effettive.
E' forse inutile
sottolineare di nuovo che le operazioni sopraesposte sono fatte collegio per
collegio, della medesima circoscrizione, al fine di calcolare la cifra
elettorale circoscrizionale competitiva di ciascuna formazione. Quando
dovesse risultare per alcuna di esse la coincidenza tra cifra elettorale
circoscrizionale competitiva e cifra elettorale circoscrizionale
effettiva, ciò significa che in nessun collegio uninominale della
circoscrizione è stato proclamato eletto un candidato collegato con tale
formazione. E, quindi, non c'è penalizzazione
V) Una volta determinata per
ciascuna formazione ammessa al riparto la relativa cifra elettorale
nazionale competitiva, è possibile e facile attraverso un'altra serie di
operazioni (compiute a livello nazionale) accertare quanti dei 155 seggi in
palio le singole formazioni si siano aggiudicate. Il metodo di ripartizione
proporzionale adottato a tale scopo è quello del quoziente. Occorre:
a) addizionare tutte le cifre elettorali nazionali
competitive;
b) dividere il totale così ottenuto per 155 (il numero
dei seggi in palio), per ottenere una grandezza che rappresenta il quoziente
elettorale nazionale;
c) ciascuna cifra elettorale nazionale competitiva
viene divisa per la grandezza di cui alla lettera precedente. La parte intera
del quoziente indica il numero dei seggi da assegnare alla formazione cui
appartiene la sopraddetta cifra elettorale nazionale competitiva. E'
evidente che occorre procedere a tante divisioni quanto sono le liste ammesse
al riparto. Se, come probabile, dopo queste divisioni rimangono ancora dei
seggi da distribuire, questi sono assegnati alle formazioni che vantano i
maggiori resti (si considera, cioè, la parte frazionaria del quoziente). [In
caso di parità rileva la maggiore cifra elettorale nazionale competitiva; e a
parità di quest'ultima si procede a sorteggio].
VI) Le operazioni fin qui
descritte determinano il numero dei seggi conquistati dai singoli partiti con
il riparto proporzionale. E' necessario, però, accertare anche come tali seggi
si distribuiscano tra le 26 circoscrizioni, per conoscere quali candidati
inseriti nelle liste rigide di ciascuna formazione sono stati eletti. E'
allora indispensabile procedere a un'altra serie di calcoli interessanti le
singole circoscrizioni. Consideriamoli in successione, con un po' di pazienza:
a) In ogni circoscrizione si procede alla somma delle cifre
elettorali circoscrizionali competitive relative soltanto a quelle
formazioni che sono state ammesse al riparto proporzionale dei 155 seggi.
b) La grandezza che in tal modo si ricava viene
a sua volta divisa per il numero dei seggi cosiddetti proporzionali, assegnati
alle singole circoscrizioni (che variano in rapporto, come si è già visto, alla
rispettiva consistenza demografica). Il risultato di tali divisioni (tante
quante sono le circoscrizioni) costituisce il quoziente circoscrizionale;
c) In ogni circoscrizione, quindi, la cifra
elettorale circoscrizionale competitiva di ciascuna formazione (di cui
alla lett. a) viene divisa per tale quoziente circoscrizionale.
La parte intera dei quozienti che si ottengono con queste divisioni indica il
numero dei seggi che le singole formazioni copriranno nella stessa
circoscrizione. E per ciascuna formazione saranno proclamati eletti i
candidati secondo la graduatoria della relativa lista (rigida);
d) Può facilmente accadere, per l'imperfezione delle
divisioni di cui sopra, che non tutti i seggi nelle singole circoscrizioni
siano coperti: che rimangano, cioè. dei seggi residui. In tal caso, per
ciascuna formazione si fa riferimento alle parti decimali dei quozienti di cui
alla lett. c.; tali parti vengono poste in una graduatoria
decrescente ed è sulla base di questa che i seggi residui vengono
attribuiti alle varie formazioni. Ma occorre fare in proposito alcune
precisazioni: nella assegnazione dei seggi residui non si prendono naturalmente
in considerazione le formazioni che abbiano già ottenuto la quota di seggi loro
spettanti, come determinata a livello nazionale (V, lett. c); le
operazioni di calcolo per la copertura dei seggi residui procedono a partire
dalla circoscrizione di minore consistenza demografica, nella quale non tutti i
seggi siano stati collocati.
e) Se, nonostante queste ulteriori operazioni,
rimanessero ancora da assegnare dei seggi ad una formazione, essa li ottiene
nelle circoscrizioni dove vanta i maggiori resti (ci si riferisce,
evidentemente, ai primi resti che non siano già stati utilizzati per il
conseguimento di seggi).
VII) Può accadere (ma è ipotesi
rara) che una formazione, alla resa dei conti, si trovi con più posti di quanti
siano i suoi candidati. Una tale eventualità può dipendere dalla concomitanza
di varie circostanze. Parte dei candidati inseriti nelle liste della formazione
in questione sono stati proclamati eletti nei collegi uninominali; oppure la
formazione stessa ha presentato liste incomplete nelle circoscrizioni ove le
liste sono costituite da più di un candidato. Ebbene, se si verifica una
siffatta congiuntura, la formazione "pesca" tra i candidati ad essa
collegati nei collegi uninominali (della circoscrizione dove sono rimasti scoperti
i seggi, per deficit di candidati); candidati che, non risultando
eletti, abbiano, in termini percentuali rispetto ai votanti, ottenuto il più
elevato consenso. Le cose si complicano se gli stessi candidati sono collegati
con più liste; in tal caso può anche succedere che entrino nel carniere della
formazione senza candidati deputati che magari appartengono ad altro partito...
Meglio presentare liste complete, dunque!
ll riparto dei seggi da distribuire in ragione
proporzionale: il congegno dello "scorporo" per il Senato